Empatia è un termine che deriva dal greco, en-pathos “sentire dentro”, e consiste nel riconoscere le
emozioni degli altri come se fossero proprie, calandosi nella realtà altrui per comprenderne punti di vista,
pensieri, sentimenti, emozioni e “pathos”.
L’empatia è un’abilità sociale di fondamentale importanza e rappresenta la base di una comunicazione
interpersonale efficace e gratificante. Nelle relazioni interpersonali l’empatia è una delle principali porte
d’accesso agli stati d’animo e in generale al mondo dell’altro.
Se l’empatia è importante nei rapporti interpersonali nel rapporto tra medico e paziente diventa
fondamentale per l’efficacia stessa della cura. Per i medici la capacità di essere empatici è imprescindibile in
quanto garantisce un canale di comunicazione più intimo e personale. Insieme alle basi teoriche e pratiche
un buon medico deve saper comprendere i sentimenti del paziente in tutte le fasi del percorso terapeutico
e questo non significa essere accondiscendenti e sottostare a tutte le sue volontà, ma capire il suo stato
emotivo in quel momento e comportarsi di conseguenza.
Ricordarsi che si è persone prima che medici perché bisogna mettere davanti alla professione il lato umano,
instaurando un rapporto solidale ma pur sempre professionale con i pazienti.
E’ importante, inoltre, costruire un rapporto di fiducia con la famiglia del paziente. Spesso la medicina
riconosce nella famiglia un ostacolo, perché si interpone tra medico e paziente ma a volte cercare un
rapporto collaborativo potrebbe far diventare più facile far accettare determinate prassi e diagnosi.
Ascoltare e rassicurare il paziente, senza illuderlo mantenendo un approccio obiettivo verso il problema di
salute per fornire tutti gli strumenti e affrontarlo nel modo migliore, restando in ascolto delle paure e delle
angosce che possono sopraffarlo.
Cosa non dimenticare di indossare oltre al camice bianco? Uno stile di comunicazione umano ma allo stesso
tempo professionale, toni e gesti gentili accompagnati dalle parole giuste che sappiano accendere una
reazione di speranza e possibilità di guarigione nel paziente, che lo sostengano in tutto l’arco del percorso
terapeutico. Con gli strumenti diagnostici di oggi si sono ottenute anche le 'prove fotografiche' che nella
relazione di cura, parole gentili pronunciate dal medico nel modo migliore e al momento opportuno
scatenano una reazione a livello neurale e favoriscono comportamenti virtuosi nel paziente che la malattia
la vive sulla sua pelle e deve trovare le risorse per combatterla.
Sì perché il paziente in quella fase ha bisogno di sicurezza nel futuro che è spesso un orizzonte denso di
preoccupazioni rispetto al cammino che dovrà intraprendere. Nella campo della Medicina di oggi si dà
sempre più importanza a questo legame, il cambiamento nell’approccio medico-paziente è cambiato e la
scienza ci dice che le parole sono delle potenti frecce che colpiscono precisi bersagli nel cervello, e questi
bersagli sono gli stessi dei farmaci che la medicina usa nella prassi clinica.
L’importanza delle parole
Le parole innescano gli stessi meccanismi dei farmaci e in questo modo si trasformano da suoni e simboli
astratti in vere e proprie armi che modificano il cervello e il corpo di chi soffre. E’ questo il concetto chiave
che sta emergendo e recenti scoperte lo dimostrano: le parole attivano le stesse vie biochimiche di farmaci
come la morfina e l’aspirina. Studiando l’effetto placebo si è vista l’importanza delle suggestioni verbali
positive per il loro potere di modificare il cervello e l’intero organismo. Le parole di speranza diventano così
un ingrediente fondamentale in ogni terapia ed entrano a far parte della pratica medica.